FRANCESCO COLONNA E L’ARCHITETTURA ANTICA

FRANCESCO COLONNA E L’ARCHITETTURA ANTICA

15 Maggio 2019 0 Di angelo

I numerosissimi studi sull’Hypnerotomachia Poliphili, il più lussuoso e misterioso libro illustrato del Rinascimento, si sono generalmente incentrati sull’individuazione del suo autore di cui si conosce soltanto il nome: Francesco Colonna. Due sono i partiti degli storici dell’arte che si contrappongono: quello di Giovanni Pozzi, che identifica l’autore in un frate domenicano di origini venete; e quello di Maurizio Calvesi, che sembra ormai prevalere, che individua l’autore nel Colonna principe prenestino.

Uno degli aspetti meno studiati di questo libro e lo spazio concesso nel testo all’architettura, che è tale da far supporre uno specifico interesse architettonico dell’autore. Ora anche questo aspetto è stato studiato da Stefano Borsi in Francesco Colonna e l’architettura antica. Il mito d’origine d’un ricercato metodo archeologico, opera edita nella “Collana Mosaico” dalla Casa editrice Libria nel 2018.

Borsi, nato a Lucca nel 1956, insegna storia dell’architettura nell’Università degli Studi della Campania; è uno storico dell’arte che ha pubblicato numerosi volumi e vari saggi scientifici sulla cultura architettonica dell’umanesimo.

Lo studio di Stefano Borsi mette a fuoco dunque uno degli aspetti meno studiati dell’Hypnerotomachia Poliphili, lo straordinario «romanzo» di Francesco Colonna: il notevole spazio concesso all’architettura, sia nell’ideazione di fantastiche ambientazioni, sia nell’elaborazione di un linguaggio tecnico. L’autore ha diviso il libro in tre capitoli, il primo dei quali (pp. 13-180) dedicato allo stretto rapporto tra le frequenti descrizioni architettoniche del Polifilo e le indagini sul tempio della Fortuna Primigenia di Praeneste; gli altri due al rapporto di Francesco Colonna con Leon Battista Alberti e il tempio di Venere Physizoa e con Villa Adriana di Tivoli.

Colonna – scrive Borsi – dissemina nel racconto indizi di vario tipo per consentire a un lettore erudito di identificare quale siano i monumenti e la “città morta” in cui si snoda il percorso iniziatico di Polifilo: l’antica Praeneste. Questa si affaccia di continuo tra le righe ma sfugge ad arte alla comprensione di chi ne ignori la particolare realtà del XV secolo, la consistenza archeologica, la storia, la vetustas”. Già l’iscrizione del 1493, in cui Francesco Colonna celebra il suo intervento architettonico nel tempio/palazzo di Palestrina fa un esplicito riferimento alla vetustas. Il palazzo è detto localmente della Cortina, un toponimo che compare nell’Hypnerotomachia ben otto volte. Lo studio di Borsi prosegue poi sui rapporti tra Colonna e Villa Adriana; lo studioso ha infatti trovato un documento che attesta il possedimento del principe prenestino di alcuni terreni nell’area del Canopo di Tivoli; il suo interesse per quella zona poteva essere dettato dalla “rappresentazione del Canopo stesso nel mosaico prenestino del Nilo”.

Altri collegamento sono la struttura piramidale con obelisco del grande tempio che appare nella descrizione polifilesca col tempio prenestino, le sostruzioni a fornici cementizi citate nel testo e le zone basamentali del palazzo baronale di Palestrina col racconto di Polifilo che percorre gallerie quasi impenetrabili e varca porte oscure. Borsi continua il suo excursus “Continui richiami al mitico passato dei luoghi, o alle presunte remotissime origini latine di Praeneste, contribuiscono a dilatare sensibilmente le dimensioni e lo spessore dell’antico nel testo del Colonna… Vi è un sottile legame tra il Vulcano antenato di Praeneste e il mondo egizio costantemente richiamato nell’Hypnerotomachia Poliphili”. Borsi continua il suo excursus esaminando i collegamenti con la spianata delle statue, i continui richiami alla Fortuna Primigenia, alla Iside-Fortuna allattante, la dea invocata dalle partorienti, ecc. ecc.

L’Hypnerotomachia Poliphili – conclude Borsi – è destinata a serbare ancora a lungo molti dei suoi misteri, ma il suo rapporto coll’architettura comincia a svelarsi nella sua complessità, e molto lascia intravedere dei complessi meccanismi di elaborazione del testo e della enigmatica personalità del suo immaginifico e quasi inafferrabile autore”.

Il saggio di Borsi è riservato soprattutto agli specialisti, ma, al di là degli addetti ai lavori, è anche una stimolante chiave per accedere alla lettura di quello straordinario testo letterario che è l’Hypnerotomachia Poliphili.

Angelo Pinci