LA SECONDA LETTERA DI UNO ZUAVO PONTIFICIO DI STANZA A PALESTRINA NEL 1864: L’INCONTRO CON I BRIGANTI

LA SECONDA LETTERA DI UNO ZUAVO PONTIFICIO DI STANZA A PALESTRINA NEL 1864: L’INCONTRO CON I BRIGANTI

25 Febbraio 2023 0 Di angelo

La seconda lettera di Henri Le Chauff al padre fu scritta il 26 novembre 1864. “La mia salute è perfetta – scrive –  ma anche l’aria di Palestrina è ottima, aria fina, che non impedisce però al povero Paul de la Messelière di soffrire orribilmente di febbre”.

Nei 24 giorni passati dall’arrivo a Palestrina, gli Zuavi furono impegnati nella ricerca dei briganti nelle montagne circostanti ma – scrive Henri – “i briganti non vogliono assolutamente essere incontrati. La nostra reputazione, il nostro costume, il nostro nome ispirano loro, si dice, un salutare terrore”.

Lo zuavo racconta le sue escursioni nei paesi vicini, come quella del 18 novembre fatta a Cave e nei due giorni successivi a Genazzano, Olevano e Subiaco. “Siamo partiti in quattro dalla vecchia Preneste, sciabole ai fianchi, rivoltelle alla cintura, soprabiti arrotolati e portati sulle spalle, e armati di un permesso di due giorni e mezzo”. Prima di arrivare a Cave, Chauff racconta di essere passato in una gola che, secondo uno studioso locale, era molto simile alle famose Forche Caudine nei pressi di Capua. Passando sotto Genazzano, in vista del campanile del santuario della Madonna del Buon Consiglio, si inginocchiarono e pregarono.

Arrivati a Olevano passarono la notte in un’osteria dove la padrona di casa gli dette per cena “un magnifico fegato di vitello che, su mio consiglio – scrive – immerse in una pentola insieme a foglie d’alloro, vino bianco, cipolline e qualche fetta di pancetta. Con questo fegato, accompagnato da una frittata e un buon pezzo di formaggio, innaffiato con un po’ di vino di Cave, abbiamo fatto una cena da imperatore”.

Il giorno dopo, sotto una pioggia torrenziale gli accade un fatto curioso; arrivano in un piccolo paese in cima ad una vetta (Roiate) e, vedendo una colonna di fumo alzarsi da una delle case, si diressero lì con la speranza di prendere un buon caffè caldo. Entrati nella casa, si trovarono di fronte ad una quindicina  di “signori barbuti” che si scaldavano attorno ad un bel fuoco, con i fucili appoggiati al muro, e rimasero impassibili all’entrata degli zuavi.

Chauff capì subito di trovarsi di fronte a dei veri briganti ma non perse la testa e facendo finta di credere che fossero dei guardacaccia disse ad alta voce: “Bene! I vecchi conigli e i coraggiosi guardacaccia! Siamo gelati dalla pioggia, vogliamo asciugarci i calzoni e scaldarci lo stomaco. Presto del caffè e del rum, paghiamo quanti giri vorrete per bere alla salute del nostro sovrano il Santo Padre Pio IX”. E continuò a parlare per dare coraggio a sé ed ai suoi tre compagni di viaggio, e nel frattempo incutere timore ai briganti: “Il nostro battaglione è dietro di noi, tanto peggio per i nostri compagni se non riescono a trovare una goccia di rum  per scaldarsi”. Nel dire quelle parole, lo zuavo faceva ruotare il tamburo della pistola per far vedere che c’erano davvero sei colpi in canna, così come fecero anche i suoi compagni.

Subito dopo, “una specie di megera tolse dal fuoco una grande pentola piena di caffè e prese una fiaschetta di rum con due bicchierini”. Rifocillatisi, i quattro zuavi ripresero il cammino “dapprima con passo misurato, grave, maestoso, come persone che non hanno paura” – scrive – ma poi “abbiamo accelerato impercettibilmente il passo, ed è probabile che lo stesso abbiano fatto i nostri guardacaccia, prendendo la direzione opposta”.

Verso mezzogiorno arrivarono a Subiaco, alla locanda della Pernice, dove si asciugarono davanti ad un bel fuoco e la sera cenarono con manzo, patate, un cosciotto di montone, dolci e vino, al costo di due franchi e cinquanta. La domenica, arrivarono al monastero di Santa Scolastica, si confessarono “in italiano”, ascoltarono la messa e fecero la comunione. “Nessuno di voi – scrive Henri ai suoi familiari – è stato dimenticato, vi assicuro, durante quei momenti preziosi, ma troppo brevi, che ho passato in questo santuario, uno dei più venerabili al mondo”.

La sera, ripresero la strada del ritorno, ma senza passare per Roiate e senza far conoscere l’avventura  con i briganti ai loro superiori per non compromettere altri permessi nei giorni seguenti. “Lunedì alle undici – conclude la sua lettera – abbiamo risposto all’appello di Palestrina, stupiti e felicissimi del nostro pellegrinaggio”.

Nei disegni, i briganti incontrati a Roiate e il convento di Santa Scolastica a Subiaco.