PRINCIPI E CARDINALI BARBERINI PER PALESTRINA: DA FEUDO DI PROVINCIA A CITTA’ DEL SOLE

PRINCIPI E CARDINALI BARBERINI PER PALESTRINA: DA FEUDO DI PROVINCIA A CITTA’ DEL SOLE

4 Luglio 2023 0 Di angelo

Principi e Cardinali Barberini per la città di Palestrina (1630-1750): da feudo di provincia a “Città del Sole” è il titolo di un saggio di Nicoletta Marconi pubblicato nel volume La città globale. La condizione urbana come fenomeno pervasivo (Torino 2020).

Con l’acquisto del feudo prenestino nel 1630, i Barberini aprirono un nuovo capitolo nella storia di una città antichissima e col privilegio di essere sede vescovile suburbicaria; la città registrò una vivace ripresa dell’attività edilizia. Dal 1630 e per quasi cento anni,  il principe Taddeo, suo figlio Maffeo e i cardinali della famiglia investirono denaro e passione nel progetto di tradurre Palestrina nella Città del Sole teorizzata da Tommaso Campanella. Con le costruzioni della chiesa di S. Rosalia, di Porta del Sole, del Triangolo ai Prati, di nuovi monasteri, giardini e ninfei, i Barberini elevarono Palestrina da cittadina di provincia a centro nodale del mondo culturale romano, “consentendo a storia e ambizioni locali – scrive Marconi – di connettersi fruttuosamente alla dimensione globale della politica papale di metà Seicento”.

La sfarzosa entrata trionfale e presa di possesso della città da parte di papa urbano VIII, il 19 ottobre 1630,annunciarono l’intenzione della politica di nobilitazione familiare. La ripresa dell’attività edilizia sotto Taddeo e Maffeo dette l’avvio ad un proficuo sviluppo dell’artigianato e delle attività produttive. Il numero degli abitanti registrò un costante incremento, nuove strade furono aperte, la vecchia Porta S. Giacomo fu sostituita dalla nuova Porta del Sole, monumentale accesso alla città. Il programma di riqualificazione urbana e il mecenatismo artistico permisero di intessere una proficua rete di relazioni tra Curia, artisti e intellettuali operanti in Roma e provincia.

Con i Barberini, Palestrina visse, probabilmente, la sua più felice stagione artistica, testimoniata da pregevoli opere d’arte e la realizzazione delle opere architettoniche sopra citate. Le opere commissionate furono accomunate dalla volontà di riscatto dopo l’esilio francese  e rivelano un piano strategico con programmi allegorico-iconografici affidati ad artisti ed artigiani accuratamente selezionati. Fu Taddeo Barberini ad attuare tale progetto nel feudo prenestino, col perseguimento del consenso della popolazione anche grazie ad elemosine e donazioni. Nel solo 1637 furono eseguiti lavori nella chiesa di S. Lucia, nel forno della città, nella cappella di famiglia in cattedrale, nella Cancelleria, nelle prigioni e nella parte centrale e nell’ala destra del palazzo baronale.

La Porta del Sole fu realizzata su progetto di Francesco Contini per le modifiche della viabilità dovute alla costruzione del vicino monastero delle Clarisse e della chiesa di S. Maria degli Angeli. Un’altra manifestazione eclatante del progetto fu la chiesa di S. Rosalia, incastonata nel palazzo baronale, con la cappella nobiliare e prestigioso ex voto e dedica alla santa palermitana dopo la liberazione dalla peste che colpì Roma e  provincia nel 1656. Anch’essa realizzata su progetto di Contini, ospitò i monumenti funebri di Taddeo e del cardinale Antonio suo fratello; i busti dei defunti, così come i due angeli reggi candela, in marmo di Carrara, furono opera di Bernardino Cametti; la pala d’altare, raffigurante la santa che libera la città dalla peste, è di Francesco Reali, copia dell’originale di Carlo Maratti. “Il programma decorativo – scrive ancora Marconi – e il suo sfarzoso rivestimento marmoreo aderiscono al gusto della decorazione persuasiva propria delle più importanti cappelle nobiliari romane di tardo Cinquecento e primo Seicento e, dunque, al periodo dell’ascesa sociale barberiniana”.

In contemporanea con la chiesa fu realizzato il ninfeo del palazzo, con fontane, statue, vasi di agrumi e giochi d’acqua. Non meno prestigioso era il complesso dei casini ai Prati con il Triangolo, una delle più singolari costruzioni del Barocco romano. Al complesso si accedeva da un portale monumentale su via dell’Olmata; sei viali alberati convergevano in un giardino esagonale, al centro del quale era il triangolo. Da esso si irradiavano altri due percorsi concentrici sui quali erano i filari del frutteto. I due edifici laterali ospitavano una chiesa dedicata a S. Filippo Neri, l’alloggio dei mezzadri e un magazzino per le attività agricole.

L’ultimo grande mecenate del feudo prenestino fu il cardinale Francesco Barberini junior che fu vescovo di Palestrina dal 1721 al 1726 e che promosse diverse commesse artistiche, come la decorazione marmorea di S. Rosalia, alcuni lavori nel palazzo del Seminario vescovile, il restauro  dei Casini, diverse opere scultoree per i giardini, ed il restauro del convento di sant’Andrea.

“È dunque evidente l’intento di porre un definitivo sigillo sulla città del sole – conclude l’articolo Nicoletta Marconi – quale emblema di magnificente nobiltà, ma anche auspicio di rinascita sociale per la famiglia, ormai in piena decadenza”.

Nelle foto, da sinistra: La città di Palestrina (G.B. Cingolani 1675), i monumenti funebri di Taddeo e Antonio Barberini, il ninfeo del palazzo baronale, pianta dei Casini Barberini (Contini 1675).