VITTORIO LOY E LE SIGNORINE DEL GUADAGNOLO

VITTORIO LOY E LE SIGNORINE DEL GUADAGNOLO

31 Maggio 2023 0 Di angelo

Il primo ispettore scolastico di Palestrina fu Antonio Loy, che ricoprì la carica dal 1942 al 1959. Nell’ottobre del 1959, al termine dell’incarico tenuto per 17 anni, fu salutato e festeggiato in un incontro al cinema Principe, da poco inaugurato, dai direttori didattici e tutti i maestri della Circoscrizione. L’ispettore di Circolo, prof. Valentino Celletti, mise in evidenza le benemerenze pedagogiche, culturali e scolastiche di Loy, profondo conoscitore dei problemi scolastici.

Antonio Loy, prima di lasciare l’incarico, scrisse un articolo sulla dura vita dei maestri di Guadagnolo, veri e propri pionieri della lotta all’analfabetismo: Le signorine del Guadagnolo, – pubblicato nel quindicinale I diritti della Scuola – che voglio riportare per intero.

“Le maestre del Guadagnolo, il più alto, impervio e disagevole paese del Lazio, – scrive Loy – sono, lassù, chiamate così per una particolare deferente benevolenza.

Povera, brulla e petrosa la montagna: povera affaticata ed intristita la gente. La vita è durissima come la roccia. Il paese è senz’acqua, senza strade, senza luce. Le persone, tutte di famiglie di pastori, sono indurite alla volubilità dei venti, alla furia delle tempeste e, d’inverno, a temperature lancinanti.

Pei maestri che vengono qui dal piano, questa montagna, a più di mille metri di altezza, è un luogo di pericoloso tirocinio. Un maestro, qualche anno addietro, fu ucciso dalla tormenta; un altro, sepolto nella neve, fu salvato per miracolo; qualche maestra ha cercato cure nel Forlanini; molte altre, fra cure e scompensi, hanno conservato a lungo i segni ed indelebile il ricordo.

Le abitazioni trogloditiche; gli interessi della vita si estinguono, per tutti, nell’appagamento delle necessità primordiali. L’orizzonte terrestre si allarga sconfinato dalle cime dell’Appennino fino al Tirreno luccicante di lontano: l’orizzonte dello spirito si chiude in un senso di concentrata sofferenza. I bambini, bruniti dall’ossigeno, guardano con occhi pieni di attesa e di meraviglia. La scuola è in una catapecchia conformata ad ogni cosa che la circonda. La scuola è così, ma è l’unico segnacolo dello spirito.

La posizione dei maestri, qui, è posizione di avanguardia: si lotta contro la solitudine, contro la degradazione, contro lo scoraggiamento. Bisogna, poi, difendere la propria anima acché gli stessi pericoli non penetrino e si accampino, in anguste forme, nell’attività professionale. Solo una fede valida ed un calore sempre acceso possono elevare questa, ed ogni altra scuola rurale, al rango di scuola del paese.

Le difficoltà sono, nelle scuole rurali, maggiori che altrove. Fare sulla scuola rurale la solita arcadica retorica significa, pei maestri che vi stanno, misconoscerne il sacrifizio, diminuirne il valore e defraudarne la mercede. Questo avviene, infatti e purtroppo.

Chi non sa che, contro l’analfabetismo e l’arretratezza rurale, il lavoro è più necessario, urgente e difficile? Siamo avviluppati in una fitta rete di contraddizioni. Quando si accende una lotta, ai settori dove maggiore è il pericolo si mandano le truppe migliori. Alle scuole del Guadagnolo (e così in gran parte delle scuole rurali), non c’è stato un maestro di ruolo da vent’anni.

Non è umano recriminare sui maestri che alle scuole di campagna e di montagna preferiscono la scuola di città, la scuola comoda e facile, a pochi passi dalla propria abitazione. Ai maestri che manda all’Estero ed alle colonie, oltre alla superiore valutazione del servizio, lo Stato corrispondeva e corrisponde una equa eccezionale retribuzione. Chi afferma che, nei paesi rurali e di montagna, la vita è più facile che in città, che minori sono le esigenze e le cose a minor prezzo, ignora la realtà, umilia ed offende. Un bagno, un libro, un trattenimento culturale ed artistico, una cura medica e i figli agli studi, per chi vive solo e lontano, costano oltre i mezzi di cui un maestro rurale dispone. In effetti ed all’infuori delle sonanti verbosità infilate intorno alla missione, ai sacrifizi dei pionieri, alle miracolose lotte contro l’analfabetismo; la ricompensa, da parte dello Stato, è studiata negli uffici e perpetrata proprio alla rovescia. Sappia chi non sa che la scuola del Guadagnolo, il paese più alto del Lazio, non è una scuola di montagna. A questa realtà geografica e paradossale si oppongono le virgole della legge.

Non occorre il suggerimento di nessuno spirito maligno per intendere che i maestri rurali sono forti ma dispersi, hanno la forza del numero e del diritto ma mancano di quella forza che nasce dalla compattezza che può premere nei più elevati ambulacri.

Sulla roccia più alta del Guadagnolo, una grande statua del Cristo, decapitata dai fulmini, come un gladiatore sanguinante, lotta ancora contro i contrari venti e le tempeste. Da questa rupe alta e spoglia, questa grande figura mutilata par che voglia dolersi perché, al basso, dopo due millenni, si sa fare ancora buon uso delle bilance adulterate; perché si insegna e si apprende la giustizia con le massime sprecando i soldi per pagarsi il precettore e perché, a questo mondo, ahimè, Egli dovrebbe discendere per rifar da capo, agli uomini, tutti i suoi insegnamenti”.